Quando un famigliare veniva a mancare, non si usava mettere tra le mani del defunto una croce di legno o di metallo, bensì veniva preparata una croce spezzando una candela benedetta della Candelora: il braccio più lungo e quello più corto venivano fusi insieme, facendo sciogliere al centro un po’ di cera.
Sempre in occasione della scomparsa di un famigliare, era usanza tenere lu cunzolə, un pranzo in cui le pietanze venivano preparate dai parenti e successivamente portate nella casa dove era commemorato il caro estinto. I famigliari del defunto non dovevano cucinare; era tutto a carico dei parenti. Concluso il pranzo, i piatti e le stoviglie sporche dovevano restare sulla tavola, perché l’usanza voleva che nello stesso giorno fosse proibito fare pulizie o riordinare la stanza. Nel diario di Rosina Narcisi, viene descritto un consolo in cui il banchetto si tenne nella stanza del morto, dopo aver recitato un breve rosario, «come voleva l’usanza».
Altra consuetudine tipica dei funerali era l’organizzazione del corteo funebre. C’erano delle donne che venivano chiamate per prestare particolari servizi attinenti alla funzione funebre: portare le corone o i fiori, recitare preghiere, piangere davanti al feretro… Più lo status sociale del trapassato era elevato e più il corteo si arricchiva della presenza di queste figure, le quali, per il servigio prestato, ricevevano in compenso qualche lira o prodotti dell’orto.