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I festeggiamenti in onore di Sant’Antonio Abate (17 gennaio). Li fochərə, la processione, la fiera e i suonatori di campagna

 

La festa di Sant’Antonio Abate era molto sentita perché in un paese a vocazione agricola come Controguerra gli animali, protetti dal santo egiziano, avevano notevole importanza sociale ed economica, alla stregua dei membri della famiglia. Ancora oggi nelle cascine di campagna ci si può imbattere in nicchie contenenti statuine del santo.
La notte prima della ricorrenza, ossia il 16 gennaio, si rinnovava il rito della fochera: i contadini preparavano dei mucchi di sterpaglie e le bruciavano. La campagna nella notte si costellava di tanti falò in onore del santo e i testimoni ricordano con commozione lo spettacolo dei fuochi sparsi su tutta la vallata del Tronto. Il rito aveva una connotazione profondamente religiosa e attorno al fuoco si recitavano preghiere. In paese veniva preparata una grande pira in piazza e i paesani vi si radunavano attorno, pregando e cantando gli stornelli di Sant’Antonio.
Sino alla fine del sec. XX, in occasione della ricorrenza di Sant’Antonio Abate, il 17 gennaio, si celebravano una messa solenne e una processione. Quando la statua del santo arrivava alla chiesa della Cona partiva un primo sparo e “facevano festa” gli abitanti del lato occidentale del paese, quando poi il santo arrivava nei pressi della chiesa di San Rocco (o al Palazzo scolastico, secondo altre versioni) partiva un secondo sparo e “facevano festa” quelli del versante orientale.
Oltre alle celebrazioni religiose si teneva una grande fiera. Le bancarelle erano disposte in Piazza del Commercio e lungo le Vie Giovanni Amadio e Guglielmo Marconi. Al centro della piazza c’era Palmarì, che vendeva i panini con la porchetta. La “prelibatezza” veniva preparata in casa e portata sul posto con una carriola. Gli animali venivano esposti e venduti al campo boario. Nel corso del Novecento sono serviti, a tale scopo, prima il terreno dove è stato realizzato il campo sportivo comunale, poi il piazzale dove oggi sorge il monumento ai Caduti e, da ultimo, il tratto della Circonvallazione Sud nei pressi dell’attuale stazione di servizio. Nelle ultime edizioni della fiera erano presenti anche attrezzi agricoli più moderni e trattori. Per i paesi giravano i montanari che suonavano con organetti, trombe e ddu bbottə le canzoni dedicate al santo. Questi erano molto caratteristici, vestiti con pantaloni alla zuava, gilet di pecora e cappello con la piuma. I contadini li facevano entrare nelle stalle, dove cantavano alcune canzoni sia per la famiglia presente, che per le bestie. Come ricompensa per il servizio prestato, i montanari ottenevano prodotti della terra, frutta di stagione, uova, pezzi di formaggio, ecc. In quei giorni, un anziano o un’anziana per ogni contrada si vestiva «come il santo», ossia indossava una sorta di saio marrone, e si recava di casa in casa, allietando i bambini con storielle, canti e stornelli, e distribuendo leccornie, come pezzetti di salsiccia e dolcetti. Altra usanza riguardava chi, nel corso dell’anno, aveva fatto un voto a Sant’Antonio: per scioglierlo doveva preparare del pane da distribuire gratuitamente ai bisognosi. 

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