Le antiche fonti, i lavatoi e i pozzi storici sul territorio di Controguerra

Il territorio di Controguerra, oltre ad essere attraversato dal fiume Tronto sul confine marchigiano, è costellato di ruscelli e sorgenti, cui a volte si accompagnano fontane, fontanili, lavatoi, pozzi, cisterne e laghetti. Particolarmente interessante è l’antica fonte di Riparossa, ubicata nel vallone a Ovest della chiesa della Cona. Nell’area si trovano tre fontanili, in linea tra loro; la fonte “di mezzo” è il lavatoio più antico.

Prima del 1903-1904, quando fu inaugurata la fontana di Piazza del Commercio, quello di Riparossa era il lavatoio più vicino al borgo e questo significava un gran viavai di donne che vi si recavano a sciacquare i panni o ad attingere l’acqua per i bisogni domestici quotidiani. L’acqua, infatti, veniva portata nelle case con grandi conche di rame, che una volta facevano bella mostra di sé all’ingresso di ogni abitazione. 

Tradizionalmente le donne trasportavano le conche piene d’acqua tenendole in equilibrio sulla testa. Per aiutarsi a mantenere l’equilibrio, tra la conca e il capo veniva arrotolato un fazzoletto o uno strofinaccio (la sparra arrətəlatə) che fungeva da “base”. Alla conca era associato un altro utensile di rame, la maniera, un mestolo utilizzato per attingere l’acqua. La buona educazione dell’epoca voleva che all’ospite si offrisse sempre un sorso d’acqua fresca.

Oggi la fonte antica di Riparossa è ricoperta dalla vegetazione. L’ingresso è ridotto ad un pertugio in mattoni, con evidenti segni dei restauri di epoca borbonica. All’interno c’era un grande camerone a pianta rettangolare, che si sviluppava in lunghezza, invaso dal fango, con un soffitto ad arco che ha molto in comune con le cisterne romane censite da Pasquale Rasicci nel suo Antichità romane di S. Omero e fa pensare a tecniche costruttive molto antiche. La fonte di Riparossa ha ispirato tante leggende popolari.

Oltre a quello di Riparossa, interessanti manufatti di epoca borbonica sono stati localizzati sul versante settentrionale di Colle Genovese, dove è stata rinvenuta Fonte Murata, un muro in mattoni (rivestito in anni recenti di cemento) con un ugello da cui sgorga acqua, in Contrada Pazzano, ove tra le tante sorgive ve n’è una che cela, pochi centimetri sotto il fango, una cannella in bronzo con decorazione antropomorfa, e lungo la strada che da San Venanzio scende verso Piane Tronto, dove doveva trovarsi la Fonte della Ripa e in cui è stata individuata – sul lato destro della carreggiata, in direzione Piane Tronto – una vasca di raccolta e decantazione in mattoni. Tra le costruzioni rurali più recenti, ricordo una fontanella con abbeveratoio ubicata presso l’Azienda Agricola Tavoletti Raffaele, antico casale Ricci, in cui è stata apposta una targa recante la data «7 ottobre 1939», che ricorda l’arrivo della conduttura dell’acqua in campagna.

Interessanti sono i pozzi sparsi sul territorio. Tra i pozzi che ricorda anche lo storico neretese si annoverano quello dell’Azienda Agricola Tavoletti Raffaele, in contrada San Giovanni, edificato nei pressi del casale Ricci, di forma quadrangolare con tetto a capanna e impreziosito da una maiolica recante un passo del Cantico delle Creature, quello di Montori, in contrada Coste di Tronto e quello dell’Azienda Agricola Maurizi, in contrada San Giovanni, entrambi con una particolare copertura a volta rotonda, e quello “scoperto” e di forma più tradizionale della Famiglia Addarii, in contrada San Biagio.

Sul territorio erano sparse anche alcune cisterne di epoca antichissima. Ve ne erano in contrada Riomoro e Pignotto, ove erano chiamate anche Grotte dei Saraceni e fino alla metà del Novecento servirono come ghiacciaie. In contrada San Biagio è stata rinvenuta una cisterna di accumulo dell’acqua nota come Lu truoche (o trocche) dalla «forma di un tronco di piramide con una svasatura molto accentuata» e con parti in mattoni e coppi, che sembrerebbe essere un’opera molto antica.